Cambi di appalto e fine dei lavori escluso il ticket licenziamenti
Appalti e imprese edili graziate per un anno ancora dal versamento del «ticket licenziamenti». La legge di conversione del c.d. Milleproroghe (decreto legge n.205/2015), infatti, proroga il periodo di esenzione (dal 31 dicembre 2015) al 31 dicembre 2016. Per quest’anno ancora, dunque, le imprese non devono versare il ticket (489,95 euro annui per ogni anno di anzianità del lavoratore) nei casi di licenziamento per cambio di appalto e per fine lavori in edilizia.
Operativo dai licenziamenti intervenuti a partire dal 1° gennaio 2013, il ticket è una sorta di “tassa” introdotta dalla riforma Fornero (legge n. 92/2012) per finanziare gli ammortizzatori sociali e, in particolare, quelle che una volta erano le nuove indennità di disoccupazione: l’Aspi e la mini-Aspi. Con la riforma del Jobs act dell’anno 2015, entrambe le predette indennità sono state abrogate e sostituite dalla Naspi, senza tuttavia produrre alcuna modificazione al regime di contribuzione. L’Inps è stato chiaro nel messaggio n. 4441/2015: «alla Naspi si applicano le disposizioni in materia di Aspi in quanto compatibili» (art. 14 del dlgs n.22/2015). Con ciò, in altre parole, ha esteso la disciplina contributiva dell’Aspi alla Naspi, che è la nuova indennità a favore dei lavoratori dipendenti divenuti disoccupati dal 1° maggio 2015, introdotta dal dlgs n.22/2015. Morale della favola, in vigenza della nuova Naspi è rimasto inalterato l’impianto contributivo previsto per l’ex Aspi (art. 2 della legge n.92/2012), il quale si sviluppa attraverso tre distinte prelievi contributivi a carico dei datori di lavoro:
a) contributo ordinario (pari a 1,61% in via generale);
b) contributo addizionale (pari a 1,40%), dovuto per i rapporti di lavoro dipendente NON a tempo indeterminato, vale a dire per i rapporti di lavoro a termine (vi sono alcune eccezioni, tra cui le assunzioni di stagionali e i lavoratori a termini delle pubbliche amministrazioni per le quali, cioè, il contributo non si paga);
c) contributo sulle interruzioni di rapporti di lavoro a tempo indeterminato: è questo il c.d. «ticket licenziamento».
Part-Time in attesa della pensione esteso anche al settore pubblico
Anche i dipendenti pubblici potranno avvalersi della possibilità di lavorare a part-time prima di mettersi in pensione. È la legge di conversione del dl n. 210/2015 (c.d. Milleproroghe), approvata a fine febbraio, che estende al settore del lavoro pubblico questa facoltà introdotta dalla legge di Stabilità 2016, a favore soltanto dei dipendenti del settore privato che raggiungano l’età per avere la pensione di vecchiaia nel triennio 2016/2018. L’estensione avviene alle stesse condizioni (ne potranno fruire, cioè, soltanto i dipendenti pubblici che maturino l’età per la pensione di vecchiaia entro il 31 dicembre 2018) e con gli stessi benefici, ossia la riduzione dell’attività lavorativa senza per questo pregiudicare molto dello stipendio e della carriera contributiva per la pensione.
Voucher ed enti no profit più alto il limite di utilizzo
Gli enti no profit possono utilizzare i voucher (buoni lavoro) fino a 9.333 euro per lavoratore e per anno solare. Chiese, associazioni, fondazioni, partiti politici, sindacati, condomini, in altre parole, pur operando con Partita Iva, non devono sottostare al vincolo del tetto di 2.693 euro per lavoratore e per anno solare previsto per gli imprenditori e i professionisti, in quanto non sono “imprenditori” puri ai sensi dell’art. 2082 del codice civile, né professionisti. A precisarlo è l’Inps nel messaggio n. 8628/2016, “correggendo” la circolare n.18/2012 del ministero del lavoro che, invece, aveva esteso il limite inferiore a tutti i soggetti con Partita Iva, senza alcuna esclusione. Ulteriore conseguenza per gli enti no profit è la possibilità di acquistare i voucher in modalità cartacea.
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Ad maiora
dott. Gaetano Iodice